A Venetico, sia di giorno, che di notte, si sente il rumore del mare. A Venetico c’è una ferita aperta. Alla quale se ne aggiunge un’altra altrettanto dolorosa. Oggi quelle onde sembrano suonare ancora più forte e sembrano stridere con il silenzio assordante dei nostri pensieri
Vivere a Venetico può essere bello per diversi motivi. I suoi colori, il cielo, il sole, che prepotente sovrasta tutto dopo il temporale. E il MARE. Vivere qui, significa sentire ogni sera, con la testa sul cuscino e gli occhi socchiusi, il rumore di quelle onde, ora calme, ora agitate. Ma sempre presenti. Un suono che ti culla e che ti ravviva allo stesso tempo.
Ma apprendendo la notizia di due ragazzi in pericolo nel mare di Milazzo, subito ho sentito riecheggiare nella mia mente le parole che mia madre mi ripeteva sempre da bambina: “non andare al largo, il mare ti tira dentro”. E mi chiedevo come possa essere possibile rischiare così tanto. Per cosa, poi?
Sui social diventa piuttosto semplice, quasi scontato, giudicare, fare la morale. Ma i particolari veri sulla vita delle persone coinvolte nei casi di cronaca, realmente, li conosciamo in pochi.
Serve, invece, interrogarsi sulla piega che la nostra società ha intrapreso da qualche tempo. Una domanda, in particolare, ce la dovremmo porre tutti sull’educazione che diamo ai nostri ragazzi. Ma, nonostante una forte tentazione di farlo, dovremmo anche sforzarci di non colpevolizzare i genitori, senza conoscere la loro storia, la loro quotidianità, senza sapere realmente se e quanto abbiano provato a trasmettere ai propri figli quei valori fondamentali per essere uomini, uomini veri, come Aurelio.
Quei valori che appartengono a chi sa essere grato per ogni giorno.
Però, spesso, purtroppo, capita che il motivo per ringraziare lo troviamo soltanto quando la vita ci mette veramente in ginocchio, per esempio di fronte a una perdita. Una perdita grave, come la morte di Aurelio Visalli per la sua famiglia, alla quale va tutto il rispetto di questo momento.
Dirò la verità: tanto era lo sgomento, tanti i sentimenti contrastanti, che non avrei voluto scrivere nulla su questa terribile vicenda, specialmente pensando a un paese ancora molto scosso per la tragica morte di Viviana e Gioele. Però trovo giusto spendere delle parole di ammirazione sincera per quest’uomo, che non ha esitato a gettarsi in acqua per salvare la vita di un minorenne.
Antonella Boralevi, nel suo intervento su La Stampa, non usa mezzi termini: “Si dirà che ha fatto il suo dovere. Si dirà che è un eroe. Ma io credo che si debba dire anche forte e chiaro che quei due ragazzini sono due idioti. Dovrebbero assumersi la loro responsabilità e mettersi al servizio di una campagna di educazione civile dei loro coetanei“.
Non possiamo esimerci, non possiamo voltarci da un’altra parte: spetta a noi il compito di educare questa gioventù. Il loro modo di agire, di considerare il rispetto altrui, di giocare con la vita, va disciplinato. I bambini, gli adolescenti, vanno educati, non solo dai genitori ma anche da tutto il contesto sociale nel quale vivono.
Iniziamo da adesso: noi siamo educatori con il nostro esempio, si educa con il proprio atteggiamento nella società. Non si può passare oltre, non più.
Perché, se è vero che chi di competenza indagherà sulle condizioni di sicurezza che dovevano essere garantite ad Aurelio Visalli e ai suoi colleghi, è altrettanto vero che se i due ragazzini non si fossero tuffati non si sarebbe reso necessario l’intervento dei militari. Dunque, bisogna agire alla base e bisogna farlo presto, adesso, ora e qui.
Non deve più accadere che due figli debbano perdere, negli anni più belli e in questo modo, il proprio padre.