E si parlerà di politica e masse

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Un aspetto interessante analizzato qui riguarda le masse e la loro interazione con la politica.

Hannah Arendt aveva identificato nella massa un elemento amorfo, in cui i contorni dell’individuo si sfumano a beneficio di un unico corpo compatto e senza coscienza.

Arendt parlava delle masse che sono alla base della fondazione di totalitarismi. Alla base di questi regimi sussiste la volontà di cristallizzare la realtà sotto il controllo di un solo uomo o di una cerchia di personalità, che quindi imbrigliano il cambiamento e cercano di evitare ogni modificazione dello status quo posto in essere.

La massa ha bisogno di immobilità, condizione ideale senza scombussolamenti che possano minare una paventata stabilità raggiunta.

Riflettendoci, possiamo dedurre come le masse siano maggiormente manipolabili proprio durante i periodi di difficoltà maggiori, i tempi in cui si assiste a cambiamenti epocali.

Se si considerano i totalitarismi novecenteschi, la cartina di tornasole era stata costituita dalla Prima Guerra Mondiale, i cui effetti negativi alimentarono il revanscismo nazista e la volontà di rivendicazioni sociali (interne) e politiche (esterne) italiane.

Il cambiamento che era stato apportato dal Primo Conflitto mondiale aveva destabilizzato l’opulenza e la relativa pace della belle époque. Ormai quel periodo di tranquillità era irrecuperabile, perso per sempre, perché la Storia avrebbe continuato a procedere inesorabile con i suoi eventi, proponendo dinamiche e situazioni sempre diverse.

Le masse, conseguenza di una grande comunità di disperati, disillusi, arrabbiati, ha sempre seguito il richiamo dell’istinto, della sopravvivenza, del sogno di un tempo in cui gli sforzi sostenuti potranno essere finalmente ripagati.

Oggigiorno l’iperconnessione, la condivisione semplificata e semplicistica di idee che accomunano una più o meno ampia cerchia di soggetti, l’immediatezza degli slogan politici ammanniti come pubblicità, sotto tutti fattori che spogliano involontariamente l’individuo della propria indipendenza, assoggettandolo alla mentalità della massa di cui diviene parte.

È forse per questo motivo che quotidianamente si assiste a una sorta di fanatismo politico di ritorno, con l’individuazione di capi da istituire e seguire, propugnando idee di totale rinnovamento da mantenere successivamente nel tempo, escludendo ogni altra soluzione più adatta ai nostri tempi in costante trasformazione.

Ma come detto, la massa riesce ad apprezzare l’immobilismo, le certezze fisse e definitive, che non danno adito a cambiamenti che destabilizzino la tranquillità e la prevedibilità della monotonia, una vita in cui tutto è perfettamente sotto il controllo totale.

I partiti nazionalisti, così come vengono definiti in genere gli antieuropeisti e i sovranisti, dimostrano la debolezza di non volere e non sapere fare fronte alle sfide dei nostri tempi, con il cambiamento che è divenuto la vera costante di ogni aspetto del nostro mondo globalizzato. Al dinamismo, alla capacità di adattamento, questi partiti dimostrano la loro rigida incapacità di adattamento.

Proprio perché dopo la crisi economica mondiale del 2008 pare che l’Italia e molti altri Paesi non siano ancora riusciti a superarla del tutto, i livelli di insoddisfazione, di rinnovato conflitto sociale, di rabbia sono cresciuti notevolmente, gli individui che si riuniscono in masse insoddisfatte danno voce al loro malcontento, generando gli effetti che sono stati descritti sopra.

L’individuo si perde nella massa e diviene facilmente manipolabile dal leader di turno, che utilizza uno slogan preconfezionato, per catturare il consenso dell’elettore perso nella massa, desideroso di “fermare il tempo” e perpetuare un progetto vincente, anche se poi non si dimostra tale.

Il circolo vizioso si innesca: il politico, per il desiderio di una maggiore posizione sociale, dà alla massa ciò che essa chiede, rimanendo con le mani legate nel proporre soluzioni veramente efficaci – anche se impopolari – funzionali al benessere collettivo; allo stesso tempo la massa ottiene sul breve periodo ciò che chiede, ma con risultati catastrofici, o nel migliore dei casi solo inutili, sul lungo periodo.

La politica si trasforma in un mercato in cui il politico guadagna una poltrona, dando in cambio contentini e specchietti per le allodole di cui si ciba il bisogno della massa, mantenendo lo status quo di instabilità e malcontento che si autoalimenta a meno che non si arresti questa “compravendita” di bisogni.

Riappropriarsi della propria identità, divenire singolo che si associa liberamente, senza annullarsi alla paura e alla massa (sebbene se ne possano condividere il pensiero), sarebbe la soluzione politica ideale, per promuovere una sana aggregazione di interessi individuali che si incontrano, dialogano, che pongano fine a questa degenerazione politica eletti-massa, mantenendo un proprio Io all’interno di un più consapevole – e di conseguenza incorruttibile e non manipolabile – Noi.

Antonino Mangano

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