Suicidio assistito: la parola alla Corte Costituzionale

Read Time3 Minute, 49 Second

Il diritto alla vita è un diritto inalienabile dell’individuo e sia che intervenga una causa non desiderata – come può essere un incidente o un omicidio colposo – sia che intervenga una volontà libera di un soggetto – decisione di “farsi uccidere” e quindi suicidio assistito – è stato da sempre sanzionato dall’ordinamento italiano.

La cronaca ricorda il caso Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, un dj che a seguito di un incidente stradale era divenuto cieco e paraplegico.

Il ragazzo era stato costretto a emigrare nella vicina Svizzera per farsi riconoscere il diritto di disporre della sua stessa vita, decidendo di non sottoporsi più a un prolungamento della propria vita, costretto in ospedale a causa delle sue oggettive condizioni fisiche, ma di ricorrere all’eutanasia.

Questa decisione aveva scandalizzato l’opinione politica che, dopo la bufera mediatica, sembra aver lasciato come carta morta ogni possibile proposta di studio del caso e di regolamentazione di queste scelte individuali.

A raccogliere il testimone è stata la Corte Costituzionale che ha dichiarato la non punibilità del suicidio assistito solo nei casi in cui ricorrano determinate condizioni.

Proprio per evitare un impiego incontrollato di questo strumento, i giudici hanno fissato dei limiti, delle condizioni alle modalità con cui procedere a questo atto estremo. Lo scegliere il suicidio assistito viene subordinato alla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua, oltre alla “verifica delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.

Dalla politica, finora rimasta silente, secondo quanto dichiarato Tiziana Siciliano – titolare del processo Cappato/Dj Fabo, giungono delle affermazioni che oscillano dall’accoglienza positiva della sentenza al contrasto alle stesse.

Francesca Businarolo (M5S) Presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio auspica un incontro di opinioni che possano portare a una legge che rispetti gli orientamenti culturali di tutti e che “tenda una mano a chi si trovi nella drammatica condizione di decidere della propria vita”.

Dello stesso avviso è Monica Cirinnà (PD), per cui la decisione della Corte Costituzionale è un punto a favore della dignità personale di ogni cittadino.

Accoglienza tiepida da parte di Anna Maria Bernini (Forza Italia), per cui l’atto avallato rimane pur sempre un suicidio e su cui il Parlamento dovrà discutere in maniera prioritaria.

Nettamente contrari sono Matteo Salvini (Lega) e il professor Alberto Gambino (Presidente di Scienza&Vita della CEI). Quest’ultimo, nel pieno rispetto della tradizione cattolica afferma che la Corte Costituzionale “cede ad una visione utilitaristica della vita umana ribaltando la lettura dell’articolo 2 della nostra Carta che mette al centro la persona umana e non la sua mera volontà, richiedendo a tutti i consociati doveri inderogabili di solidarietà: da oggi non sarà più un dovere sociale impedire e ovunque l’uccisione di un essere umano”.

Quest’ultima considerazione, sembra stonare particolarmente con quanto prescritto dalla Corte Costituzionale, che cerca invece di apporre dei limiti all’uso sconsiderato e semplicistico della formula del suicidio assistito che, non si stenta a credere, verrà considerato come ultima forma per risolvere problematiche che non garantiscano il corretto godimento del diritto alla vita.

Considerando anche le dichiarazioni del professor Gambino, si riscontra anche una “sfiducia” nella libera volontà dell’individuo dato che interpreta l’articolo 2 della Costituzione come una regola che “mette al centro la persona umana e non la sua mera volontà”, come se la volontà individuale fosse dissociata dalla persona umana, dalle sue facoltà e volontà. Per quanto ogni individuo sia chiamato a concorrere al buon funzionamento della società (“solidarietà politica, economica, sociale”, art. 2 Cost.), non si deve però subordinare l’intera natura di individuo al benessere collettivo, aspetto che altrimenti farebbe assistere a una fusione totale tra individuo e società, spogliando e sottoponendo la libertà del singolo al totale controllo dei bisogni collettivi. Per non parlare della necessità di scollegare l’ordinamento italiano dalle influenze teologiche e religiose di ogni confessione di Fede, come si può dedurre dall’art. 7 Cost. (“lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”)

Nonostante le dichiarazioni rilasciate dagli esponenti politici e religiosi, la sentenza della Corte Costituzionale ha sancito un grande passo in avanti nella risoluzione di un problema che ha animato il dibattito mediatico e parlamentare e che potrebbe porre fine a problematiche che affliggono una fetta della popolazione italiana che vorrebbe avere il diritto –negato fino al giorno della sentenza – di disporre liberamente delle loro volontà e delle loro vite, qualora si trovino in condizioni estreme e, nella maggior parte dei casi, insopportabili.

Antonino Mangano

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Next Post

La Milano Fashion Week è un successo? La parola ai Buyers

Gio Set 26 , 2019
Il successo di una Fashion Week si misura sempre quando le luci delle passerelle e dei backstage si spengono, e visto che si sono accesi i riflettori a Parigi, è tempo di tirare le somme per Milano. Il  made in Italy continua a piacere al pubblico e agli addetti ai […]

Non perderti anche