Mondadori, Fazi e Neri Pozza svelano le loro novità editoriali, preannunciando una primavera ricca di sorprese.
Arriva Patrick Ness con il suo nuovo romanzo young adult, ritorna Natasha Solomons dopo il successo dei Goldbaum.
DALLA SERIE AL LIBRO
Su Sky Atlantic arriva The Good Lord Bird, serie tv con Ethan Hawke, tratta dal romanzo di James MacBride, e in libreria ritorna il libro con una nuova veste grafica, ma sempre pronto ad affascinare il lettore.

Il Kansas del 1856 è un campo di battaglia tra abolizionisti e schiavisti. La vita del giovane schiavo Henry Shackleford viene stravolta dall’arrivo in città del leggendario paladino abolizionista John Brown: quando una discussione tra il padrone di Henry e Brown si tramuta in uno scontro a fuoco, Henry è costretto a scappare insieme a Brown che, fin dal primo momento, lo scambia per una ragazza e lo considera il suo portafortuna. Henry, soprannominato “Cipollina”, si troverà così a viaggiare attraverso gli Stati Uniti insanguinati dalla guerra per la “liberazione della gente di colore” nei panni di una donzella. Dapprima profondamente a disagio per questo scambio di genere, finirà per apprezzarne i vantaggi: non dover faticare, poter passare inosservato e non dover rischiare la vita in guerra. Dopotutto, come dice lo stesso Henry, la menzogna è l’unica strategia di sopravvivenza degli schiavi neri nei rapporti con i bianchi. Insieme a John Brown seguirà le reali tappe della sua vita, compreso lo storico raid di Harpers Ferry nel 1859, uno dei grandi catalizzatori della guerra civile. Spassoso mix di storia e immaginazione raccontato con l’occhio meticoloso di McBride per i dettagli e i personaggi, The Good Lord Bird è un’avventura travolgente, ma anche una commovente esplorazione dell’identità e della lotta per la sopravvivenza.
Dall’autore bestseller James McBride, un caposaldo della nuova letteratura black vincitore del National Book Award e definito dalla giuria «una voce comica e originale come non se ne sentivano dai tempi di Mark Twain».

Il secondo volume della saga dei Cazalet in edizione economica.
È il settembre del 1939, le calde giornate scandite da scorribande e lauti pasti in famiglia sono finite e l’ombra della guerra è sopraggiunta a addensare nubi sulle vite dei Cazalet. A Home Place, le finestre sono oscurate e il cibo inizia a scarseggiare, in lontananza si sentono gli spari e il cielo non è mai vuoto, nemmeno quando c’è il sole. Ognuno cerca di allontanare i cattivi pensieri, ma quando cala il silenzio è difficile non farsi sopraffare dalle proprie paure.
A riprendere le fila del racconto sono le tre ragazze: Louise insegue il sogno della recitazione a Londra, dove sperimenta uno stile di vita tutto nuovo, in cui le rigide regole dei Cazalet lasciano spazio al primo paio di pantaloni, alle prime esperienze amorose, a incontri interessanti ma anche a una spiacevole sorpresa. Clary sogna qualcuno di cui innamorarsi e si cimenta nella scrittura con una serie di toccanti lettere al padre partito per la guerra, fino all’arrivo di una telefonata che la lascerà sconvolta. E infine Polly, ancora in cerca della sua vocazione, risente dell’inevitabile conflitto adolescenziale con la madre e, più di tutti, soffre la reclusione domestica e teme il futuro, troppo giovane e troppo vecchia per qualsiasi cosa. Tutte e tre aspettano con ansia di poter diventare grandi e fremono per la conquista della propria libertà. Insieme a loro, fra tradimenti, segreti, nascite e lutti inaspettati, l’intera famiglia vive in un clima di sospensione mentre attende che la vita torni a essere quella di prima, in quest’indimenticabile ritratto dell’Inghilterra di quegli anni. E ormai è difficile abbandonarli, questi personaggi: con loro sorridiamo, ci emozioniamo e ci commuoviamo nel nuovo appassionante capitolo della saga dei Cazalet.

Possono i legami renderci liberi? Sì, se sono fatti di nodi magici, direbbe Omero.
Per pochi istanti, in pochi versi dell’Odissea, Omero ci presenta un vero nodo ed è quando Arete, madre di Nausicaa e regina dei Feaci, dona a Ulisse, prima del suo ultimo viaggio verso Itaca, uno scrigno pieno di tesori e lo prega di legarlo saldamente con un nodo. Quello che Ulisse esegue è un nodo che gli ha insegnato molti anni prima la maga Circe. C’è quindi da scommettere che si tratti di un nodo magico.
Il nodo di Circe non è un nodo qualsiasi, è femminile, perché si scioglierà grazie alle donne incontrate, è desmòs, dal verbo deo che significa legare, poikilos, complesso, come è la vita, colorato, variopinto, come sa renderlo la maga. Il nodo è l’essenza dei legami profondi. È una saldatura, invisibile. Ci tiene stretti all’altro, ma non è prigione. I legami veri non possono che essere un dono di libertà, di cura, di attenzione, di ascolto dell’altro.
Questo libro parla dunque di Ulisse e dei suoi legami. Nel suo lungo viaggio di ritorno da Troia, è uomo vittorioso, ma solo. Non più un eroe ma un naufrago. Il senso e la direzione non sa più dove siano. Saranno alcuni incontri speciali ad aiutarlo a ritrovare una forza che non è scritta in nessuna guerra. Nausicaa, Circe, Calipso, Penelope, Anticlea, Atena sono le figure che lo guidano in un percorso che non è solo un ritorno a casa, ma una sorta di mappa della sua educazione sentimentale. Il ritorno di Ulisse è costruito sui nodi dell’amore, dell’amicizia e dell’ospitalità ma anche del dolore e della nostalgia, fondamenta indispensabili per la ricostruzione della memoria di chi è stato e di chi diventerà. Al pari di Ulisse, tutti noi siamo le nostre relazioni.

Belfast, 1972. Jean McConville, vedova e madre di dieci figli, ha trentotto anni quando, in un tardo pomeriggio di dicembre, una ventina di membri dell’ala estremista dell’IRA irrompe in casa sua, alla periferia di Belfast, e la trascina via sotto gli occhi dei figli. I rapitori tentano di calmarli, chiamandoli per nome e promettendo che la madre sarà di ritorno in poche ore, invece Jean viene giustiziata con un colpo alla testa e fatta sparire. L’accusa? Essere una spia dei britannici. Il suo corpo viene ritrovato, per puro caso, trent’anni più tardi, nel 2003, sepolto in una spiaggia. Ancora appuntata sul vestito, la spilla da balia azzurra che Jean teneva sempre con sé. Di recente, alcune registrazioni, custodite nella biblioteca del campus del Boston College e secretate per anni, hanno riportato in primo piano quella vicenda, svelando particolari inediti.
L’omicidio McConville è soltanto una delle numerose pagine oscure del feroce conflitto che ha insanguinato l’Irlanda del Nord, noto come i Troubles. Ed è emblematico del clima di paura e omertà di quegli anni. Perché, come recita un verso del poeta irlandese Seamus Heaney, Whatever You Say, Say Nothing, «Qualunque cosa dici, non dire niente», l’omertà è stata uno dei punti dolenti di quelle tragiche vicissitudini e ha caratterizzato le due parti avverse persino molto tempo dopo la fine degli scontri e dei disordini.
Keefe parte da lì, per raccontare un pezzo di storia recente, una società devastata da una violenta guerriglia che per decenni ha trasformato l’Irlanda, e non solo, in uno spietato campo di battaglia.

Non siamo robuste, siamo grasse. Era robusta l’eterna Fiat Panda Fire, perfetta per ogni strada. Non siamo pacioccone, Totoro lo è. Non siamo tante, non siamo i paciocchini (amicә, se non sapete cosa siano è perché non siamo coetaneә, potete cercare la pubblicità su YouTube). Non siamo morbide, conservate questo aggettivo per divani e materassi. Siamo grasse.
In una società in cui il corpo grasso viene eternamente patologizzato e paragonato a un’epidemia (non abbiamo contagiato nessuno ve lo giuriamo), utilizzare la parola “grassa” senza accezione negativa per noi è stata una liberazione, una rivoluzione. Molte persone ci correggono quando ci definiamo grasse e la risposta che va per la maggiore di solito è “No ma tu sei bella così”. Quando mai abbiamo detto il contrario?
La lettura di questo libro non sarà esattamente rilassante come leggere Marie Kondo, ma del resto neanche essere grassә in un mondo grassofobico lo è. Le umiliazioni, le offese, le microaggressioni, la nostra passione smodata per fare gli elenchi di queste brutture, ci hanno portato a essere le persone che siamo. Ora lanciamo vaffanculo come stellette ninja. Inarrestabili come Chuck Norris, spietate come Ivan Drago, imperturbabili come la faccia di Nicholas Cage (sì, abbiamo visto tanti action movies con i nostri genitori).
Perché questo è l’unico vero detox che dobbiamo fare, la sola tossina che dobbiamo eliminare: dare un calcio nel culo alla grassofobia fuori e dentro di noi.

Seth annega, solo e disperato, in un mare in tempesta. Poi però si risveglia, nudo, assetato e affamato, ma vivo, in un luogo che assomiglia in tutto e per tutto alla città da cui lui e la sua famiglia sono fuggiti tanto tempo prima. Ma se è vero che tutto intorno a lui gli sembra familiare, al tempo stesso gli appare anche abbandonato, ricoperto come da uno strato di polvere. Inoltre lui ricorda perfettamente che stava per morire, in mezzo a onde furiose, dopo aver sbattuto violentemente la testa contro le rocce. Dove si trova ora, quindi? È ancora vivo o è sprofondato invece in una specie di limbo? E se è davvero così, come può uscirne?
Dall’acclamato autore di Chaos e di Sette minuti dopo la mezzanotte, un romanzo intenso e provocatorio di cui John Green ha detto: “I romanzi sono spesso definiti ‘sconvolgenti’, ma questo è uno dei pochi che, durante la lettura, mi ha fatto esclamare spesso ad alta voce: ‘Oh. Mio. Dio’. Non dirò altro. Leggetelo e basta!”.

«Un esperimento praticato da donne ignoranti». Così, nella Londra del 1721, viene accolta la proposta, avanzata da una dama elegantissima e intraprendente, Lady Mary Wortley Montagu, di immunizzarsi dal virus letale del vaiolo infettandosi preventivamente con una dose attenuata del morbo.
Moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, Lady Montagu ha appreso durante il soggiorno in Turchia l’esistenza di quel mezzo per sfuggire al flagello le cui ricorrenti epidemie decimano da secoli le popolazioni. Ma è una pratica bizzarra, in uso fra contadine sul confine settentrionale della Grecia; nemmeno l’avallo di due medici prestigiosi provenienti dall’Università di Padova era riuscita a farla accettare.
Vuole però il caso che uno dei due medici sia anche il primo dragomanno – cioè il traduttore ufficiale – in servizio presso l’ambasciata britannica; collabora con la famiglia Montagu come interprete, come medico e anche come esperto di lingue e costumi dell’impero ottomano. Colta, curiosa e poliglotta, Lady Montagu conversa con lui in italiano, e apprende molto di più che qualche bel verso di poesia locale… E vuole il caso che anni dopo, tornata a Londra, l’ex-ambasciatrice descriva la pratica e le rassicuranti statistiche relative a quell’«esperimento» alle amiche più care, fra cui la principessa del Galles. Fiduciosa nel giudizio della cara Mary, preoccupata per i figli minacciati dall’epidemia, quest’ultima riesce a convincere il sovrano a far sperimentare il metodo e poi a farlo applicare agli eredi della famiglia reale. Comincia così, in Inghilterra e nelle colonie inglesi, poi fra imperi e staterelli europei la lunga e avvincente battaglia intorno al principio che il primo dragomanno a Costantinopoli aveva battezzato dell’«inoculazione». Illuministi francesi e inquisitori bostoniani, accademici altezzosi e oscuri medici preoccupati del bene pubblico, grandi sovrani e matematici stregati dal calcolo delle probabilità battaglieranno per decenni pro e contro un metodo di prevenzione enigmaticamente funzionale, che si tradurrà infine nella pratica della vaccinazione.
Nelle pagine di questo libro, Maria Teresa Giaveri ricostruisce la storia di questa contesa come in un libro d’avventure, in cui non le peripezie di un naufrago o le temerarie imprese di una schiera armata sono al centro della narrazione, ma «le avventure di un’idea – idea bizzarra, sconvolgente, eppure salvifica».

Jack Rosenblum ha un sogno. Da quando lui e sua moglie Sadie, ebrei tedeschi in fuga dalla Germania nazista, sono sbarcati a Harwich, nell’agosto del 1937, non c’è nulla che desideri di più che diventare un perfetto cittadino britannico.
Un metro e sessantuno di pura tenacia, Jack non è come gli altri rifugiati, che nella maggioranza dei casi si accontentano di formare i loro shtetl all’interno della grande città. Sebbene sia d’accordo con i suoi vicini nel pensare che il ruolo dell’ebreo sia quello di non farsi notare, è stanco di essere diverso. E poi, a differenza di Sadie, incapace di adattarsi alla nuova vita, gli inglesi e le loro eccentricità gli piacciono e vuole a tutti i costi essere uno di loro.
Per farlo, si affida con cieca fiducia all’opuscolo che gli è stato consegnato al suo arrivo in Inghilterra, Informazioni utili e consigli amichevoli per il profugo, a cui, giorno dopo giorno, aggiunge di suo pugno tutto ciò che apprende.
Ora, dopo anni di studio e scrupolosa osservanza delle regole, Jack ha soddisfatto quasi tutti i requisiti della lista: indossa l’abito giusto, possiede l’automobile adatta a un gentiluomo inglese e la casa in una zona verdeggiante della città. Il suo cappello proviene da Lock di St James’s Street, e lui non manca di dare sempre l’angolazione giusta alla tesa. Pranza tre volte alla settimana nei migliori ristoranti cittadini e porta sua moglie al Covent Garden e alla Wigmore Hall.
Resta un solo punto sulla lista, una cosa di fondamentale importanza: un gentleman inglese deve essere membro di un golf club. L’iscrizione a un golf club sembra, però, un’impresa altamente proibitiva, come la ricostruzione di Gerusalemme o la preparazione di un perfetto panino alla carne salata. Nessun golf club inglese pare, infatti, disposto ad accettare un profugo ebreo tra i suoi membri. Jack Rosenblum, tuttavia, è tenace fino all’ostinazione, e non sarà un rifiuto a mettere fine al suo sogno.
Romanzo con cui l’autrice de I Goldbaum fece il suo esordio sulla scena letteraria mondiale, Un perfetto gentiluomo narra, con le armi dello humour e dell’ironia, delle peripezie di un “gentleman” ebreo nel cuore della vecchia Inghilterra.