Il coronavirus potrà fermare i rapporti sociali e l’economia del Bel Paese, ma di certo non gli artisti e il buonumore, che si ergono a veri e propri baluardi contro l’isolamento e tutte le sensazioni negative a esso connesse.
Due artisti molto apprezzati nell’ambiente fumettistico italiano, Leo Ortolani e Zerocalcare, stanno animando i social con una serie di produzioni che riscuotono numerosi apprezzamenti sui vari canali multimediali, dalle pagine ufficiali Facebook ai loro profili Instagram.
Leo Ortolani, padre dell’ormai iconico Rat Man e che ha collaborato con l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) per la divulgazione scientifica a fumetti, tiene compagnia ai suoi followers con sketch che ironizzano sulle stranezze vissute dall’autore o dalle persone che vivono a Parma, intorno a lui. Immancabile la sua verve umoristica, che si arricchisce di improbabili personaggi e situazioni paradossali che prendono vita dall’inchiostro per garantire risate ai lettori.

Il fumettista romano (o rebibbiese, come rivendica di essere), Michele Rech, in arte Zerocalcare, si è cimentato con la produzione di cartoni animati che descrivono la sua esperienza della quarantena da COVID19, dando vita alla serie Rebibbia Quarantine, composta da tre episodi canonici (di circa 3 minuti ciascuno) e da un quarto che potrebbe preludere a una “seconda stagione”, ma che è stato intitolato Interlude: il filtro quarantena, pubblicato il 4 aprile.
Gli episodi animati risentono di tutti gli influssi televisivi seguiti da Zerocalcare, perché sembrano puntate di Scrubs, iniziando con considerazioni che muovono al riso, ma che alla fine aprono importanti spiragli per riflessioni su quello che sarà il futuro post-coronavirus, mettendo in discussione le azioni e i comportamenti sociali adottati da ognuno per resistere a un periodo tanto inatteso quanto insolito.
“Stamo popo a cocci dentro ‘a sta bolla, chi pe n’ motivo chi pe l’altro. Al bollettino dee 18 ormai non ce se capisce un c***o: un giorno pare ch’amo risolto, il giorno dopo che stamo a sprofondà. Io spero ogni volta che ce dice ch’amo svortato. Penso a tutti quelli che c’hanno avuto i morti, chi sta ancora in terapia intensiva, nell’imparagonabile piccolo nostro pure noi se semo abbastanza rotti er c***o de stà così. Però c’ho pure ‘n groppo alla gola che ‘n se ne va e cerco de capì perché. E penso che forse è perché, ma mo’ che finisce tutto ma che se ‘nventeremo quando se guarderemo a o specchio e staremo ancora allo sbando, isolati, e manco je potremo più accollà ‘sti cocci ar coronavirus?” [Zerocalcare, Rebibbia Quarantine, ep. 3: I cocci]