SURE: la sicurezza dell’UE che abbraccia l’Italia

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Lo SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), uno dei programmi approvati e lanciati dall’Unione Europea permetterà all’Italia di attingere a 27,4 miliardi di euro per finanziare tutte quelle procedure utili – come dice lo stesso acronimo dello SURE – a mitigare i rischi di disoccupazione in uno stato di emergenza, come è stato quello rappresentato dalla pandemia da Coronavirus.

Il programma prevede infatti un supporto, sotto forma di prestiti a tassi molto agevolati, fino a 100 miliardi per tutti i Paesi maggiormente colpiti dall’epidemia. La destinazione di questi fondi serve ad aumentare i livelli di spesa pubblica sul breve periodo, ma con l’obiettivo di preservare i tassi di occupazione, con particolare riferimento alla categoria dei “self-employed”, ovvero privati e partite IVA.

Il Consiglio Europeo, su proposta della Commissione Europea, ha approvato una manovra per 87,4 miliardi di euro, distribuiti a 16 Stati Membri, tra cui anche l’Italia, che risulta tra l’altro quella maggiormente beneficiata, seguita dalla Spagna con 21,3 miliardi e dalla Polonia con 11,2 miliardi.

Come obiettivo secondario, lo SURE potrebbe anche finanziare investimenti legati al potenziamento della sicurezza sul posto di lavoro.

Questi strumenti messi a disposizione dall’Unione Europea per supportare l’economia dei Paesi messi in ginocchio dalla pandemia da COVID-19 rappresentano aiuti fondamentali per la loro resilienza. Nonostante ciò, bisogna sempre tenere a mente come tutti i programmi connessi all’ambizioso Next Generation EU siano propedeutici a far ripartire le economie di tutti gli Stati Membri, ma con l’obiettivo di rendere indipendenti i loro tessuti produttivi da qualsivoglia sussidio successivo, quindi incentivando l’autonomia dei vari Paesi e dei loro cittadini a divenire fautori di un futuro votato alla transizione verde, alla digitalizzazione, alla resilienza economica, all’innovazione.

La vera sfida dell’Italia non consiste quindi nel reperire solo i fondi che l’UE destina solidalmente ai Paesi in difficoltà, ma trovare quella “ricetta” giusta che possa permettere il rilancio del comparto produttivo di beni e servizi, una strategia che, al momento, sembra ancora essere molto dibattuta, senza linee guida, senza idee determinanti.

La vera sfida consisterà nel trovare soluzioni funzionali e ottimali per garantire un futuro alle next generations, ponendo un freno alla lentezza burocratica, alla corruzione, all’emigrazione o fuga di cervelli, a una tassazione che mortifica l’investimento privato e la nascita di PMI e a tutta quella miriade di problemi che hanno costretto l’Italia al palo ancora prima che dalla crisi del 2008, da quella degli anni Novanta.

Antonino Mangano

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