Una questione annosa quella del Ponte, prerogativa non solo delle due città dello Stretto, ma che si inscrive in un contesto di più ampio respiro: lo sviluppo.
Il 4 settembre il Popolo della Famiglia di Firenze prende la parola contro la decisione della Conferenza delle Regioni, per la quale il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina rientrerebbe a pieno titolo nel Piano straordinario di infrastrutturazione nazionale.
Questa levata di scudi da parte del Popolo della Famiglia è una goccia in mezzo al mare di opinioni che vorticano intorno al tema del Ponte, ma se la sezione fiorentina di un partito politico prende parola su un tema simile, geograficamente distante dai suoi interessi locali, più o meno indirettamente conferma l’importanza centrale del Ponte nel contesto italiano ed europeo.
Le opinioni che si confrontano sull’opera dello Stretto mettono su un piatto della bilancia i temi dell’ambientalismo, dell’impatto della spesa e dell’utilità strategica che potrebbe avere l’infrastruttura, sull’altro i temi dello sviluppo e dell’opportunità consequenziale di poter ammodernare le vetuste infrastrutture del Meridione, specialmente quelle siciliane.
Il discorso coinvolge anche la velocità negli spostamenti e la maggiore facilità di collegamento con il resto d’Europa, tanto che le considerazioni si sono accavallate e fuse, cercando di conciliare tutte le voci, No Ponte e Sì Ponte, e tentando di creare qualcosa che possa rendere “la Sicilia meno isola” (cit. Andrea Camilleri).
Da quel momento, l’idea del Ponte è stata sostenuta a oltranza da alcuni, mentre altre correnti di pensiero si sono prodigate per trovare soluzioni alternative per collegare la Sicilia al resto del continente. Da queste ultime voci sono scaturite proposte ardite e più difficoltose e dispendiose rispetto al Ponte, come il tunnel sottomarino, supportato da Giancarlo Cancelleri e poi sconfessato dallo stesso ideatore, l’Ingegnere Saccà. Questa infrastruttura avrebbe previsto in ogni caso un impatto ambientale profondissimo, numerose difficoltà nella costruzione viste le attività da svolgere sotto la superficie del mare, ulteriori anni di attesa per la progettazione, e un livello di pericolosità superiore al Ponte per via della maggiore rigidità della struttura e l’influenza esercitata su di essa dalla presenza della faglia dello Stretto. Anche l’aggiunta di una pista ciclabile da parte del Ministro De Micheli ha rappresentato un “tocco verde” alla struttura, ma di dubbia validità, dato che l’idea necessiterebbe di nuovi studi di progettazione e adeguamento della struttura, oltre a far permanere il dubbio su dove permettere l’ingresso e l’uscita dei ciclisti, considerando che il Ponte dovrebbe essere collegato alla rete autostradale.

La questione annosa del Ponte non è più una prerogativa delle due città dello Stretto, per quanto importanti siano comunque le voci dei residenti e delle loro Amministrazioni, ma questa opera si inscrive in un contesto di più ampio respiro, in cui confluiscono interessi complementari o diametralmente opposti, ma che sono sempre incentrati su un solo tema: lo sviluppo.
Lo sviluppo può passare dalla costruzione del Ponte e da tutte le attività e possibilità che saranno collegate a esso? Lo sviluppo può invece passare dalla rivalutazione delle città dello Stretto, delle altre infrastrutture siciliane (indipendentemente dal Ponte) e può esservi a seguito di tentativi di rivitalizzare il tessuto produttivo dell’isola e, per estensione, della Calabria?
Solo sciogliendo i dubbi inerenti allo sviluppo di queste due Regioni italiane tra le più depresse economicamente si potrà guardare al Ponte (o al Non-Ponte) con un occhio molto più scevro da posizioni ideologiche, ma con una visione strategica più chiara, sistematica e razionale.