Un diritto concesso loro 75 anni fa con un decreto legislativo luogotenenziale firmato il primo febbraio del 1945, e varato dal secondo governo Bonomi, su proposta Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. Lunga la battaglia per il suffragio universale. Il primo voto alle amministrative dell’anno seguente poi il referendum Repubblica/Monarchia
“Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non non vogliamo che le donne italiane aspirino ad un’assurda identità con l’uomo; vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere tutte le loro forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese“.
Sono parole di Teresa Mattei, una giovanissima donna di sinistra, partigiana, la più giovane eletta all’Assemblea Costituente, espulsa nel 1955 dal Pci per le sue critiche allo stalinismo. Un passaggio chiave del suo discorso alla Costituente, pronunciato il 18 marzo 1947, con il quale teneva a sottolineare che le donne non dovevano diventare mascoline, ma che la tutela dei diritti dell’una servivano anche all’altro. Cioè, dall’emancipazione delle donne avrebbe tratto beneficio tutta la società, anche gli uomini.
Solo un anno prima, il 10 marzo del 1946, mentre il Paese prova a rialzarsi dopo il ventennio fascista, le italiane votano per la prima volta. Si trattava del voto per le elezioni amministrative di circa 400 comuni. Quel giorno venne anche rimediato il “lapsus” della eleggibilità, con un altro provvedimento che la contemplava. Un diritto concesso loro con un decreto legislativo luogotenenziale firmato il primo febbraio del 1945 e varato dal secondo governo Bonomi, su proposta Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. Conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni. Uniche escluse le prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione.
Una conquista arrivata dopo anni di battaglie e molto più tardi rispetto ad altre donne europee e statunitensi. Successivamente si andò alle urne per la designazione dei membri dell’Assemblea Costituente che scrisse la Costituzione ancora in vigore e per il Referendum istituzionale monarchia-repubblica che scelse la forma repubblicana dello Stato e mando in esilio la corona italiana (il 2 giugno 1946). Con l’approvazione della Costituzione Italiana (art. 56 e 58) il suffragio universale fu aperto a tutti i cittadini maggiorenni per le votazioni alla Camera dei Deputati e a tutti i cittadini con età superiore ai 25 anni per il Senato.
Scrive la giornalista di Left, Donatella Coccoli: “La partecipazione femminile fu elevata ed entusiasta. E i partiti dovettero far fronte all’ondata che spazzava via decenni di silenzio e di rassegnazione. Le donne che donavano le loro fedi al regime, le donne che sfilavano davanti al Duce con nidiate di bambini, le donne che piangevano i loro figli e mariti nelle guerre fasciste, ecco, tutte queste donne non c’erano più. E probabilmente la reazione fu più vasta e consapevole di quanto pensassero gli stessi De Gasperi e Togliatti. Certo, ancora tanti passi dovevano essere compiuti per garantire uguali diritti”.
Le conquiste. Dal diritto di voto del 1945 ci sono voluti ancora molti anni per ulteriori conquiste che sarebbero arrivate successivamente. E’ del 1950 la legge sul congedo di maternità mentre solo nel 1960 le donne vengono ammesse a tutte le professioni e nel 1963 possono entrare in magistratura. Sarà fondamentale il ruolo delle donne nel referendum del 1974 sul divorzio e in quello del 1981 per cancellare la legge sull’aborto del 1978. Ma la strada per la completa emancipazione è ancora lunga a partire dal “gender gap” degli stipendi sottolineato anche dall’Unione Europea.
Donne e voto in altri Paesi. Mentre in Nuova Zelanda si votava già dal 1893, in Europa la prima fu la Finlandia nel 1906, poi venne la Norvegia nel 1913, poi ancora Danimarca e Islanda e nel 1918 l’Irlanda, e negli anni seguenti Paesi Bassi, Germania e Svezia, Stati Uniti e Canada, la Gran Bretagna nel 1928 e la Spagna nel 1931. Pecora nera la Svizzera che estese il voto alle donne solo nel 1971.
