Due giovani studenti universitari analizzano le difficoltà di accesso al mondo del lavoro. Tutto comincia con la scuola
Di Clarissa Nania, Carmelo Ramuglia
Si è spesso abituati a pensare che il diploma sancisca l’ingresso nell’età adulta, ponendo così il giovane, dopo il superamento dei temutissimi esami di maturità, di fronte a scelte decisive per la propria vita come andare a vivere fuori o iniziare l’università o ancora scegliere di approcciarsi direttamente al mondo del lavoro. In realtà il giovane si trova dinanzi alle medesime scelte nell’esatto momento in cui indossa la tanto attesa corona d’alloro.
Dopo aver completato gli studi universitari, in molti casi anche brillantemente, lo studente non è ancora pronto per poter prendere scelte tanto importanti in maniera consapevole.
Da cosa deriva questa incapacità? In parte è dovuta al sistema universitario italiano, che presenta ben pochi contatti con il mondo del lavoro, limitandosi molte volte a fornire una preparazione strettamente teorica, lontana dalle esigenze e dai problemi della quotidianità che ci si trova ad affrontare fuori dalle aule d’esame.
Ma non basta. Per capire il fenomeno occorre andare ancora più indietro, più precisamente all’ultimo anno di scuola superiore.
Gli istituti superiori e i licei introducono gli studenti alle varie possibili prospettive future, attraverso open day o accessi diretti al mondo del lavoro. Un salto nel mondo reale, che permette un confronto avere un’idea circa il percorso da intraprendere.
Negli ultimi anni le riforme dell’istruzione hanno cercato di coniugare competenze teoriche apprese in aula e le relative applicazioni pratiche, introducendo l’alternanza scuola lavoro: un modo per lo studente di svolgere delle attività attinenti al percorso di studi scelto, e la possibilità delle aziende ospitanti di fare una preventiva selezione su possibili nuovi dipendenti.
Soluzione ideale questa per quegli istituti tecnici e professionali, ma che penalizza i licei, i cui studenti necessitano di un diverso approccio per il futuro post scuola. Solitamente, i licei organizzano colloqui con rappresentati delle università, o sono quest’ultime ad aprire i loro atenei ai giovanissimi: le informazioni spesso non bastano per poter scegliere o ad evitare cambi di rotta in corsi di studi avviati.
Basti pensare che un primo piede nel mondo del lavoro gli studenti del liceo lo mettono grazie ad i tirocini infracurriculari: lo studio di alcune discipline prevede, a livello statale, la suddivisione del corso di studi in due parti, una dedicata allo svolgimento del tirocinio, prevalentemente in strutture pubbliche, e una dedicata alla formazione teorica.
Questo accade con le facoltà scientifiche, infermieristica, medicina, fisioterapia per citarne alcune, ma per le facoltà umanistiche o matematiche la pratica è prevista a volte alla fine del corso di studi, a volte è del tutto assente. Va da sé che un neolaureato in discipline umanistiche vedrà allontanarsi il proprio orizzonte lavorativo poiché gli saranno richieste tirocini, abilitazioni e stage che ritarderanno il suo accesso nel mondo del lavoro.
L’AZIENDA CHIAMA, L’UNIVERSITA’RISPONDE?
Il periodo storico lo dimostra: non basta più la semplice laurea per poter differenziarsi dagli altri giovani. La società contemporanea e le aziende richiedono eccellenza, non solo accademica, competenza ed esperienza, tre caratteristiche oramai determinanti per l’assunzione di chiunque. A queste bisogna aggiungere, complice la globalizzazione, la conoscenza delle lingue straniere o esperienze all’estero, anche aldilà del percorso di studi intrapreso. In questo, l’Erasmus è uno strumento ottimale, in quanto permette permettono allo studente di avere contatto non solo con una lingua diversa, ma anche con un modo nuovo di apprendere. Il 110, con lode, non garantisce più una corsia preferenziale per un’assunzione.
Perché accade questo? I dati parlano chiaro: le aziende che assumono cercano di spendere sempre meno risorse, economiche e temporali, per la formazione di nuovo personale. Nel vagliare i curriculum, gli studenti che hanno un background abbastanza ampio, ma non ancora tanto da rendereli dei professionisti a tutti gli effetti, hanno maggiore chance si essere opzionati.
Ad una maggiore esigenza di competenza pratica da parte delle strutture lavorative non corrisponde una risposta adeguata da parte degli atenei, che sembrano assumere posizioni ondivaghe a seconda della privatizzazione o meno delle proprie strutture.
UNIVERSITA’ PUBBLICA VS PRIVATA
Molti atenei privati godono di un’ottima reputazione grazie al facile accesso al mondo del lavoro dei propri studenti: un’ottima garanzia di fronte al pagamento di rette particolarmente ingenti.
Queste stesse università organizzano giornate di incontri tra studenti e personale aziendale incaricato del reclutamento. Lo scopo? Delineare allo studente un profilo sulle possibili attività realizzabili post-laurea, assicurando inoltre un contatto diretto con l’azienda prima ancora dell’invio del curriculum.
Questi atenei, spesso localizzati in posizioni strategiche per il mondo del lavoro, stringono accordi e alleanze con aziende affermate sul mercato, in modo che il giovane neolaureato abbia un periodo di apprendistato garantito, spesso anche bene retribuito, che si concluderà o con l’assunzione, nei casi di eccellenze, o in una lettera di referenze positiva da inserire nel curriculum. Un lasciapassare che assicurerà una corsia preferenziale per i futuri colloqui.
Nonostante questo, la posizione delle università pubbliche non deve essere sottovalutata, poiché la preparazione che forniscono non ha niente da invidiare rispetto a quella fornita agli studenti dalle università private, e a dirlo sono i risultati delle graduatorie nazionali dei concorsi pubblici.
Tuttavia, è da sottolineare come le stesse università non forniscano alcuna attività di preparazione dello studente per il sostenimento dei concorsi: ancora una volta, lo studente viene abbandonato negli studi per la sua preparazione, e ripiega su corsi forniti da strutture private organizzate per colmare le lacune universitarie. Alle volte, il mondo universitario sembra porsi lontano anni luce dalle esigenze dello studente e del mondo del lavoro.
Sarebbe auspicabile un maggior dialogo tra i due settori, che pur essendo tanto collegati poco si raffrontano per dar voce alle proprie esigenze e trovare soluzioni immediate, come l’introduzione di progetti in università pubblica che permettano di avere dei colloqui con le aziende, corsi che permettano a chi volesse di poter avere una preparazione per affrontare i concorsi pubblici. Così facendo, lo studente potrebbe considerare l’università come un percorso che lo immette nel mondo del lavoro, e non come un altro passaggio da superare prima di affrontare la realtà extrascolastica.