Restrizioni da #CoronaVirus: le difficoltà dei pendolari sullo Stretto. Lettera aperta al presidente Musumeci

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Riceviamo e pubblichiamo l’accorato appello di una professionista del settore sanitario che mette in risalto le difficoltà che accomunano molti pendolari, in seguito alla decisione di ridurre drasticamente le corse giornaliere delle navi sullo Stretto di Messina per contenere il contagio da #CoronaVirus.

Lettera aperta al presidente della Regione Siciliana, 

Gent.le Presidente Musumeci,

sono una farmacista, madre di due bambini, residente in Sicilia e titolare, insieme ad altre due colleghe, anche loro siciliane, di una nuova sede farmaceutica a Reggio Calabria. Ogni giorno, così come altri operatori sanitari, ci troviamo a fare la spola sullo Stretto. Siamo impegnate in prima linea a fronteggiare questa emergenza, esponendo noi stesse e le nostre famiglie a non pochi rischi, essendo le farmacie, luoghi frequentati da persone con malesseri o da loro familiari.

Noi non possiamo astenerci dall’andare a lavoro, noi prestiamo un servizio essenziale, noi dobbiamo obbligatoriamente alzare la saracinesca ogni mattina, mettendoci al servizio della collettività. È la nostra vocazione e, con grande responsabilità e dedizione, portiamo avanti questo impegno. Ma, in ottemperanza al decreto dei Ministri delle Infrastrutture e Trasporti e della Salute del 18/03, è stato rimodulato il numero di corse delle navi traghetto, riducendolo drasticamente e mettendo a repentaglio lo svolgersi regolare della nostra attività. L’unica nave disponibile per poterci attenere all’orario di apertura della farmacia è quella delle ore 7.20, ma a causa dei lunghi controlli e delle file che si possono formare,  rischiamo di non poter attraversare lo Stretto, venendo meno, e non per nostra volontà, al dovere di pubblico servizio. Lo stesso dicasi per il rientro. Unica e ultima nave della giornata per il rientro in Sicilia è quella delle ore 22.00. Per il verificarsi di file al rientro, anche qui, rischiamo quotidianamente di non poterci ricongiungere agli affetti, in particolare ai nostri bambini.

Inoltre, la drastica riduzione del numero delle navi rischia di generare l’effetto opposto, peggiora la situazione, non permette quel distanziamento sociale necessario al contenimento del contagio ma, piuttosto, causa affollamento e disagi. Per darle il peso della questione, caro presidente, le racconto l’ultima traversia vissuta dalla collega nella giornata di sabato 21 marzo. Arrivata a Villa San Giovanni intorno alle 16, quindi con largo anticipo, per potersi imbarcare sulla nave delle ore 18.00, si è trovata imbottigliata in una fila di circa 700 metri. Ebbene, avendo il traghetto raggiunto la capienza consentita, la collega è rimasta lì ad aspettare la successiva corsa, ossia quella delle ore 22.00. 6 ore, in macchina, senza cibo, acqua e servizi. È sostenibile, secondo lei, una situazione del genere? È affrontabile per chi viaggia ogni giorno per lavorare?

Sono qui a chiedere una risoluzione rapida della questione per noi lavoratori, in particolare per noi operatori sanitari. Lo chiedo accoratamente, perché ogni giorno mettiamo a repentaglio la nostra salute e ritengo sia giusto permettere che almeno l’attività possa essere svolta senza rischiare di dover rimanere dall’altra parte dello Stretto. Chiedo che venga istituito l’utilizzo di un pass che ci consenta di avere la priorità di passaggio sia in uscita che in entrata in Sicilia. Il nostro dovere dobbiamo e vogliamo svolgerlo fino in fondo, ma i nostri diritti, chi li tutela?

Una farmacista

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