Giornata vocazionale a Scala Torregrotta: ecco perché non dobbiamo dimenticare la parabola del figliol prodigo

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Si è svolta domenica 31 marzo, presso la Chiesa Santa Maria della Scala di Scala Torregrotta, la seconda catechesi quaresimale in programma per il 2019 denominata “Giornata Vocazionale e del Seminario Diocesano”.

E’ stata un’occasione per conoscere e sostenere la realtà del Seminario Diocesano, così importante e preziosa per la nostra chiesa. Attraverso la testimonianza di un giovane seminarista, nelle celebrazioni di domenica, è stato possibile toccare con mano il travaglio interiore che ogni uomo, giovane e non, attraversa quando si trova a tu per tu con la propria vocazione. 

Una vocazione che non riguarda esclusivamente la scelta sacerdotale: ciascuno è chiamato a comprendere la natura della propria chiamata, sia che si tratti del matrimonio, sia che si tratti del sacerdozio o comunque di mettere a servizio degli altri i nostri talenti e le nostre inclinazioni. L’esperienza del giovane Claudio è analoga a quella di tanti giovani che vivono dapprima il turbamento per poi acquisire la consapevolezza che tutto avviene per una ragione “più alta” e che, come diceva San Giovanni Paolo II, “non bisogna lasciarsi vivere ma prendere tra le mani la nostra vita e farne un capolavoro“.

La santa messa delle 18.00, nella parrocchia di Scala Torregrotta, è stata presieduta da Can. Alessandro Lo Nardo, Rettore del Seminario Arcivescovile San Pio X di Messina, il quale ha posto l’accento sulla bellissima parabola del figliol prodigo. Conosciuta anche come la parabola del padre misericordioso, è l’ultima della trilogia presentata nel Vangelo di Luca, insieme a quella della pecorella smarrita e quella della moneta smarrita. E, ascoltando la proclamazione di questo passo del Vangelo, non si può fare a meno di realizzare quanto esso possa rivelarsi sempre sorprendentemente attuale. Tre le figure al centro: un figlio, il più giovane, che lascia la propria casa e sperpera le ricchezze del padre conducendo una vita dissoluta altrove; un altro figlio, il maggiore, che resta fedele al genitore, servendolo nella più totale obbedienza; poi c’è il PADRE, colui che conosce i nostri sbagli, colui che è pronto a riaccoglierci con un abbraccio quando torniamo, senza farci pesare gli errori commessi, ma anzi facendo festa per noi. Almeno una volta nella vita ci siamo trovati in queste due situazioni: essere nel torto ed essere perdonati (come il figlio più giovane) o essere invidiosi (come il figlio maggiore) e non riuscire ad accettare che nostro fratello venga perdonato, malgrado le sue mancanze. Forse, più raramente, siamo stati invece capaci di perdonare come il Padre.

Una lezione fondamentale è emersa dall’analisi di questa parabola, ora più che mai degna di approfondimento, nel tempo di Quaresima.

Ecco perché non dobbiamo mai dimenticare la parabola del figliol prodigo: per avvicinarci al Padre ed essere capaci di perdonare, specialmente quando gli altri sbagliano, e per essere come il figlio, capaci di fare un passo indietro e di riconoscere la forza guaritrice del perdono, di tornare e avere l’umiltà di chiedere scusa.

Antonella Trifirò

Giornalista pubblicista, appassionata di lettura e scrittura in tutte le forme. Scrivere per vivere e raccontare.

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