Risale al 25 febbraio 2020 la notizia della morte del Presidente e leader egiziano Muhammad Hosni Sayyid Ibrahim Mubarak, uomo che ha attraversato un periodo caldo nella storia delle relazioni internazionali – la Guerra Fredda e la crisi Mediorientale – e che è stato alla guida dell’Egitto, nazione che per molto tempo ha giocato un ruolo determinante nella dinamiche politiche e degli equilibri mediorientali
La carriera di Mubarak iniziò tra le fila dell’esercito egiziano e già all’epoca dell’apogeo politico di Sadat – a sua volta erede politico di Nasser – riuscì a seguire un impeccabile cursus honorum, che gli fece ottenere la nomina di vicepresidente nel 1975. Leale seguace di Sadat, Mubarak si fece promotore della pace con Israele, e cercando di profondere le sue energie nella politica estera, facendo numerosi viaggi nel mondo arabo e consolidando il prestigio e l’influenza del suo paese. Il passaggio da vicepresidente a presidente avvenne nel 1981, quando Sadat cadde vittima di un attentato, lasciando il testimone della Presidenza egiziana e del Partito Nazionale Democratico (NDP) a Mubarak.

Sotto il suo governo, l’Egitto si contraddistinse per un graduale allontanamento dell’ingerenza dello Stato in economia, promuovendo invece la produzione dei beni per la popolazione, ma facendo avvertire allo stesso tempo la necessità di un’amministrazione efficiente e che punisse severamente i funzionari e i ministri inadempienti ai loro doveri.
Proprio grazie alle sue abilità diplomatiche, la politica estera premiò l’Egitto nei rapporti con le altre nazioni arabe, permettendo un rientro della nazione nella Lega Araba, e riportando la sede di questa organizzazione nel centro del Cairo. Questi suoi successi si ripercossero in numerose occasioni, dato che Mubarak venne insignito di riconoscimenti nazionali in tutto il mondo, persino in Europa, dove divenne Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Nazionale al Merito (1975) e Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Legion d’onore (1982) in Francia, e persino Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine al merito della Repubblica italiana nel 1982.
Nonostante i successi in politica estera e l’encomiabile tentativo di aprire l’economia egiziana alla partecipazione privata, l’Egitto di Mubarak non si contraddistinse per un governo improntato al rispetto di tutte le libertà individuali. I report di organizzazioni internazionali come Transparency International collocavano l’Egitto in posizioni molto basse della classifica della libertà di stampa. Persino la repressione degli oppositori del regime – formalmente repubblicano – fu un elemento che sembra accomunare tutti i governi di stampo militare in tutto il mondo.
Sebbene la sua popolarità crescesse e riuscisse a mantenere il controllo sul Paese con il pugno duro – e che gli valse la vittoria per sei elezioni consecutive –, non riuscì ad arginare il crescente desiderio delle popolazioni arabe di libertà dai regimi de facto dittatoriali, venendo investito, nel 2011, dall’ondata di rivoluzioni che esplosero nel Maghreb e che prese il nome di Primavera Araba, iniziata a Tunisi in Piazza Tahrir.
Fu in quell’occasione che le popolazioni costrinsero il Presidente più che trentennale a presentare le proprie dimissioni. Mubarak decise di ritirarsi a Sharm el-Sheikh, dove rimase, decidendo di non espatriare. Venne sottoposto a numerosi processi con le accuse di omicidio e di sottrazione di fondi pubblici, ma venne definitivamente assolto da ogni accusa nel 2017.

Con la morte di questo leader sembra chiudersi un’era nella storia dell’Egitto, sebbene ancora molti interrogativi sorgono su quello che saranno le sue sorti politiche. Con Mubarak e la sua estromissione dalla politica a seguito della Primavera Culturale è stato dato uno scossone alla forma repubblicana impostata sugli standard egiziani, ma non si sa ancora se l’Egitto abbia appreso dagli errori e dai punti di forza della sua storia, per veicolare un passaggio molto più deciso verso una democrazia che risponda anche alle necessità di rispetto dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale e di libertà riconosciute ai cittadini.
Sicuramente, però, non bisogna dimenticare che, sui cambiamenti che dovranno occorrere nel Paese delle Piramidi, avranno un ruolo le congiunture economiche e politiche a livello internazionale e nazionale, entrambe elementi influenti sulla determinazione del destino dell’Egitto.