Il Sole di carta (ed. Cm2 Publishing, 2017) è il romanzo d’esordio del pittore Walter Piconese, che ha così consacrato un suo eclettismo artistico.
La trama verte sulla vita di un bambino, Julian, che si ritrova a vivere in una famiglia poco abbiente e che, a causa della condizione di indigenza a cui li ha destinati la vita, deciderà di allontanare e vendere il giovane a una sorta di workhouse, gestita dalla terribile Mrs. Boulevard.
Il romanzo è ambientato infatti in un’Inghilterra dai tratti onirici, sbiaditi, in un periodo non meglio contestualizzato, sebbene si avverta il peso della modernità, con la presenza di cellulari, veicoli a motore e oggetti di plastica.
Il romanzo, che appare a tratti come una cronotopia e a tratti come un bildungsroman di chiara ispirazione vittoriana, lascia avvertire tutta la forza di problemi che affliggono e lasciano avvertire le loro ripercussioni nella contemporaneità del XXI secolo.
Il carattere cronotopico deriva dalla scelta stilistica di sfumare i contorni dell’ambientazione, creando una commistione tra una realtà storicamente accertata di fine Ottocento e una serie di particolari che ricollegano il periodo del romanzo ai giorni nostri. Il bildungsroman attiene invece alla crescita interiore del protagonista che, da animo ingenuo e carente di informazioni sul mondo che lo circonda, avvia un processo di scoperta di sé stesso, della propria psiche e dell’ambiente circostante, sebbene il carattere da romanzo di formazione verrà presto interrotto da un esito che fa avvertire tutta la sua originalità rispetto alla letteratura precedente.
L’originalità della storia, con i relativi rimandi a esperienze letterarie pregresse, si intravede nell’analisi del problema delle violenze domestiche perpetrate a danno delle donne, della condizione di schiavitù a cui vengono sottoposti molti bambini nel mondo, e non dimentica nemmeno i sentimenti di repulsa con cui, in modo cinico e spesso disumano, le classi medio-alte accolgono gli strati più disagiati e le categorie più deboli della società.
La fabula del libro procede in modo lineare, il lessico utilizzato è semplice ed immediato, tanto che l’autore riesce a delineare in modo nitido le sensazioni esperite dai suoi personaggi, offrendo un quadro chiaro e completo della situazione.
Un encomio particolare potrebbe essere tributato alla capacità dell’autore di far sollevare nel lettore delle riflessioni che concernono l’eterno conflitto tra necessità ed etica. Sebbene attraverso un rapido accenno, l’autore porta all’attenzione dei lettori uno spaccato di vita quotidiana di un uomo che vive di commercio di minori e delle branche collaterali a questa fetta di mercato illegale. In una società che sembra non lasciare spazio sul mercato a tutti, con risicate opportunità di posti di lavoro, alcuni uomini sono costretti a scendere a patti con la propria coscienza pur di trovare di che vivere e sostentarsi, pena la prigione o la miseria. L’autore, in questo caso, riprende in chiave contemporanea lo stesso spirito critico espresso da Hugo nelle pagine del suo capolavoro I Miserabili, criticando i malfattori, ma in primo luogo la società ed il mercato del lavoro, che costringono questi uomini bisognosi a soffrire di privazioni o a sopravvivere a scapito dei propri imperativi morali.
In conclusione, il lavoro di Walter Piconese ha tutte le carte in regola per rappresentare una lettura leggera, fruibile al vasto pubblico, la cui semplicità non sacrifica nulla alla profondità dei temi trattati e dello sguardo critico con cui analizza le tematiche spinose che pone sulla scena del proprio lavoro.