Come robot avrei potuto vivere per sempre, ma dico a tutti voi oggi, che preferisco morire come uomo, che vivere per tutta l’eternità come macchina… Per essere riconosciuto per chi sono e per ciò che sono. Niente di più, niente di meno. Non per la gloria, per l’approvazione, ma per la semplice verità di questo riconoscimento. È stato l’elemento propulsivo di tutta la mia esistenza e devo riuscire a ottenerlo, se voglio vivere o morire con dignità. (Andrew Martins, da L’uomo Bicentenario)
Oggi ricorre la Giornata Mondiale del Libro, un supporto che se non venisse rinnovato nel tempo con ulteriori edizioni, se non venisse preservato con la cura delle biblioteche, se non venisse digitalizzato e conservato per sempre, potrebbe sparire, deteriorarsi, essere oggetto della tirannia del tempo, così come è stato per molti volumi che si sono persi a causa di incendi, indice di libri proibiti, censure, distruzioni definitive.
Le parole della citazione da L’uomo Bicentenario ribadiscono chiaramente una verità incontrovertibile: l’uomo non è immortale e a insegnarcelo sono poesie italiane come I Sepolcri di Ugo Foscolo, o capolavori della letteratura mondiale come l’Iliade, l’Odissea o l’Eneide, con i loro eroi e gli interventi divini, che fotografano la contrapposizione tra l’eternità cristallizzata in un eterno presente e l’umanità, costretta a subire le sorti decise dagli dèi o a prendere in mano il proprio coraggio, affrontare i propri limiti e la propria caducità.
È la mortalità quella che gli dèi invidiano, e lo ribadisce anche Tolkien nel suo Il Silmarillion (decisamente più contemporaneo dei poemi epici della letteratura classica greco-romana) in cui la Morte diviene il Dono di Ilúvatar (il Dio “Supremo”) fatto agli Uomini, ma negato agli Elfi.
La mortalità diventa perciò quello stimolo a cui Seneca voleva educare i suoi lettori del De brevitate vitae: vivere la vita pienamente, senza sprecare il proprio tempo che, rispetto a quella degli dèi, si conta in una successione di fuggevoli istanti.

La letteratura, in alcuni suoi esempi che abbiamo finora riportato, ci insegna, ci induce a guardare alla vita in un modo più genuino, in un continuo susseguirsi di consigli a vivere pienamente e ad approfittare del tempo che ci è concesso per conquistarci una parte di immortalità, nel peggiore dei casi un elisir di lunga vita, attraverso le nostre opere, che siano di ingegno, meccaniche, scientifiche, sociali.
L’idea di difendere e far continuare la vita anche dopo la Morte, attraverso il perpetuarsi del proprio ricordo nel tempo, spinge i grandi ingegni – quelli letterari, in questo caso – a incidere sulla carta il proprio pensiero, le proprie esperienze, le proprie narrazioni (che portano in sé una parte di quello che l’autore è stato), e la brevità dell’esistenza umana spinge a esprimere il meglio di sé, cercando di far creare ai Geni quelle opere immortali che si fissano nella Storia.
La noia, dovuta all’infinita disponibilità di tempo degli dèi della mitologia greco-romana, fa palesare in queste entità tutta l’eccellenza delle qualità umane, ma molto spesso anche l’incuranza con cui compiono gesti e prendono decisioni.
Ma la letteratura, quell’otium latino che è tutto il contrario dell’indolenza, rappresenta uno degli strumenti – insieme alla trasmissione del proprio patrimonio genetico di generazione in generazione – con cui l’Uomo può continuare a vivere nel ricordo degli altri, rappresenta ciò che è l’umanità, con le sue luci e le sue ombre (come in Delitto e Castigo di Dostoevskij o ne Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde), quali capolavori può generare con il poco tempo che ha a disposizione, e quale bellissimo dialogo può attraversare le epoche per mettere in contatto il pensiero degli antichi con quello dei contemporanei.

L’importanza del libro, al netto della sua forma cartacea o di quella virtuale, risiede proprio in questo: permettere al pensiero di diffondersi nello spazio e nel tempo, stimolare la riflessione, il divertimento, l’intrattenimento, la trasmissione di emozioni, esprimere il Genio di alcuni grandi della letteratura, permettere loro di preservare il loro ricordo combattendo la paura dell’Oblio. Ma soprattutto un libro è importante per la sua capacità di farci sentire veramente umani, arricchire noi stessi e ispirarci a compiere azioni degne di essere ricordate.
Questa forma mentis e queste riflessioni in qualche modo rivalutano l’importanza delle materie umanistiche che, al giorno d’oggi, il mondo del lavoro sembra sacrificare rispetto alle materie tecnico-scientifiche, dimenticando che entrambi i settori costituiscono le facce di una stessa medaglia di cui l’uomo ha bisogno. L’ambito tecnico-scientifico migliora la vita di tutti i giorni, ma l’ambito umanistico affina il pensiero, la capacità critica, elementi che diventano sempre più fondamentali nell’imprimere uno specifico corso alla storia dell’umanità, e nel prendere decisioni che guardino all’utilità ma anche all’opportunità e al buon senso delle cose.